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martedì 4 marzo 2014

Antonio Pitaro, il medico di fiducia dei Bonaparte

Nella Francia dell’Ottocento, diede lustro alla Calabria e all’Italia intera. Da noi, invece, è pressoché sconosciuto. «Ma com’è possibile», si chiedono alla Sorbona di Parigi con non poco stupore «che l’Italia non abbia ancora sentito il dovere di valorizzare e far conoscere, quantomeno agli stessi conterranei, un personaggio come Antonio Pitaro?».
Eppure, Antoine Pitarò (come lo chiamano i francesi) è stato un personaggio di notevole rilievo a livello europeo che avrebbe dovuto costituire un vanto enorme per l’intera nazione.
Scienziato, accademico, docente alla Sorbona, giacobino, massone (risulta essere iscritto col grado di maestro alla Loggia «Les élèves de Minerve»), amico di Giuseppe Mazzini e medico personale della famiglia di Napoleone Bonaparte, Antonio Pitaro finanche in Calabria è finito per essere dimenticato, se non addirittura ignorato.
A Borgia (CZ), dove nacque nel 1767, gli è stata intitolata una via e un suo busto marmoreo campeggia nella villa comunale. Per il resto, niente di niente. Mai un convegno, mai una manifestazione celebrativa.
Al contrario, la città di Parigi lo ricorda con un monumento eretto in una villa cittadina ed una celebrazione che si tiene ogni anno ai primi di giugno per iniziativa del Grande Oriente di Francia. Ma quel che più contano, sono le innumerevoli citazioni nelle prestigiose enciclopedie francesi, che lo menzionano sia come protagonista della Repubblica Partenopea, che come scienziato, poeta, ecc.
Si occupò anche di fisica e di chimica. Nel «Monitore Napoletano» si parla, nel 1799, in termini elogiativi del contributo che Pitaro diede alla «Repubblica», definendolo una «validissimo chimico», inventore di una portentosa bomba incendiaria che, riprodotta in tantissimi esemplari, venne data in dotazione all’ammiraglio Caracciolo. Grazie a quell’ordigno, che scagliato da lunghe distanze mandava in frantumi le navi nemiche, i patrioti repubblicani tennero lungamente testa all’incessante cannoneggiamento della flotta inglese. Nonostante gli sforzi dei repubblicani, Napoli però cedette e Pitaro uscì dal Regno per cercare esilio in Francia. Non si sa precisamente in quali condizioni Antonio Pitaro partì da Napoli, ma egli risulta essere a Lione già nell’ottobre del 1799, come riporta una vecchia edizione dell’enciclopedia francese Larousse.
Nella città di Parigi, poi, si dedicò interamente ai suoi studi prediletti, conquistando nel contempo una meritata reputazione.
Dopo aver frequentato assiduamente la famiglia di Napoleone Bonaparte, per essere stato il medico personale della madre di quest’ultimo, Maria Letizia Ramolino, prestò servizio come archiatra a corte, facendosi ammirare dalla nobiltà e dall’intellighenzia parigine. Infine, gli fu conferita una cattedra presso la facoltà di scienze della prestigiosa Università della Sorbona. Nella capitale francese, egli ebbe modo di conoscere un altro proscritto come lui, l’ancor giovane Giuseppe Mazzini, nel momento in cui questi stava dirigendosi alla volta di Lione.
Dopo aver abitato in un primo momento in Rue Montblanc n. 24 di Parigi, si trasferì in Rue Henite Ville n. 2, dove si spense il 28 luglio del 1832, nel mentre la sua celebrità aveva valicato i confini d’Europa.
Vincenzo Pitaro
Gazzetta del Sud, pag. Cultura, Giovedì 4 Ottobre 2007
Archivio: www.gazzettadelsud.it

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